UNA GENERAZIONE CHE DEVE IMPARARE AD OSARE

Una Generazione Che Deve Imparare Ad Osare
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Siamo nel 2009 quando un ragazzino di soli 13 anni si ritrova a dover compiere la prima grossa scelta della sua vita: che scuola superiore scegliere?
Un passo che abbiamo compiuto (quasi) tutti, piccolo ma fondamentale per imparare a fare considerazioni sul proprio futuro.

E’ meglio seguire il proprio istinto e scegliere un percorso basato sulle proprie capacità o andare su un campo meno compatibile con la nostra indole ma più sicuro a livello lavorativo?

Come in tutti i grandi quesiti non esiste una formula magica, non c’è giusto o sbagliato, la soluzione sta spesso nel mezzo.
Questo tipo di scelte identificano molto il soggetto e a volte, come vedremo più avanti, sono comuni per un’intera generazione.

Crescere con l’ombra della grande crisi ha portato i ragazzi degli anni 90 a vivere le prime esperienze lavorative con ansia e poche prospettive.
Quante volte avete sentito frasi quali “non avrò mai un posto fisso”, “l’importante è avere un lavoro di ‘sti tempi” oppure “non arriverò mai alla pensione” ?
Tante, troppe volte.

Penso che “paura” e “rischio” siano parole apparentemente opposte ma complementari.
La prima può essere conseguenza dell’altra.
Difatti dopo un azzardo ci si ritrova spesso con l’ansia di aver fatto il passo più lungo della gamba e questo porta a non superare mai i propri limiti.
Tale visione, purtroppo, è quella di tanti giovani d’oggi.

Perché affermo che la paura ed il rischio sono complementari? Perché l’uno necessità l’altro.
Infatti proviamo ad invertire i fattori: la paura diventa la causa, il rischio la conseguenza.
Immedesimiamoci ad esempio in un imprenditore 40enne che si ritrova in un momento di crisi lavorativa: necessita un cambiamento e lo otterrà soltanto spostando le carte in tavola e osando di più.

Questa considerazione nasce da un dato: gli startupper di successo hanno un età media di 43 anni.
La mia prima reazione, e credo anche la vostra è stata un mix di stupore e incredulità.
Abbiamo poi verificato nel nostro piccolo, facendo una media dell’età dei nostri coworker all’interno di SpazioTu.
Il risultato dell’indagine, come già detto e approfondito in un vecchio articolo (https://www.spaziotu.com/startupper-a-43-anni/) , è il medesimo.

Questo mi ha spinto a ragionare ed analizzare, nel mio piccolo, anche la mia crescita personale e le passate esperienze lavorative.

Il 2009 è passato da un decennio e sono cambiate tante cose.
Ho 23 anni e non sono certamente la persona più navigata di questo mondo ma se penso all’ansia che mi bloccava durante i primi impeghi e che spesso mi spingeva ad accettare un lavoro basandomi solamente sulla certezza di uno stipendio mensile mi viene da sorridere.

Questo perché ho avuto il coraggio di rischiare, cambiare e cercare qualcosa di più inerente alle mie caratteristiche.

Non si denigra nessun lavoro, sia chiaro, ma bisogna avere il coraggio di trovare un punto di incontro tra necessità, interessi e capacità.

Il lavoro è la base della felicità perché occupa almeno il 50% delle nostre giornate.

La speranza è che gli attuali 20enni, ma anche quelli di domani, abbiamo la capacità di arrivare al rischio e al cambiamento senza dover passare dalla paura del futuro.

Forse però l’angoscia è una costante quando si parla di prospettive.
In questo caso posso solo sperare che non diventi un blocco per una carriera lavorativa ma, piuttosto, lo sprint iniziale per una vita piena di soddisfazioni.

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