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“Siamo convinti che la formazione moderna debba essere concreta, dritta al punto e totalmente orientata all’azione.

Gli Action Book di Up4Grow vanno proprio in questa direzione: distillano conoscenza e ti guidano a metterla in pratica, direttamente sui tuoi progetti.

Sei pronto a scoprire il più potente strumento di Marketing, capace di migliorare ogni aspetto della tua comunicazione e di farti ottenere potenziali clienti interessati a quello che fai??
Avanti allora: iniziamo e andiamo a definire le tue Buyer Personas.”

Con queste righe, presenti nella prima pagina di tutti i volumi della collana, il nostro coworker Giovanni Ronci presenta il suo nuovo progetto.
Dei manuali pratici e diretti che aiuteranno il lettore a destreggiarsi con astuzia nel mondo del lavoro (e del marketing).

Ma chi è Giovanni Ronci?
lasciamo la parola alla pagina “Chi Sono” (uno dei libri dispensa proprio consigli su come scrivere la pagina di presentazione perfetta) del suo sito web:

Sono un cinquantenne con vizi e virtù – e ne vado fiero – che vive in bilico tra le Marche e la Romagna (in effetti abito proprio sul confine, sul Tavollo, una rigagnolo incantato abitato da Anatre, Aironi, Scoiattoli e parecchie altre specie).

Sono un Freelance Internet Business Designer, Docente universitario alla LABA (Libera Accademia delle Belle Arti) di Rimini, Autore e Formatore.

Troppo complicato? Te la faccio facile: ascolto quello che vuoi fare, lo comprendo – perlomeno ci provo – e ti aiuto a realizzarlo online, ideando o rafforzando la tua presenza sul web, sui social o dovunque ce ne sia bisogno.

Una sorta di interprete digitale dunque, che ascolta, pensa, e crea soluzioni su misura per te.

Giovanni è stato uno dei primissimi ad entrare nel nostro network. Infatti, è membro della community di SpazioTu dal 2016, anno della nostra formazione.
Sin dal giorno 1 all’interno della nostra struttura si è dimostrato un professionista esemplare e le sue strategie sono sempre state fonte di ispirazione per tutti noi. Perciò vi consigliamo fortemente di acquistare questi nuovi ACTION BOOK, un piccolissimo investimento che siamo sicuri vi ripagherà, attirando nuovi clienti, progetti e collaboratori.

Qui i link per acquistare i libri:

– Come scrivere una pagina “Chi sono” perfetta: Link per l’acquisto

– Come progettare le tue buyer personas: Link per l’acquisto

– Come pubblicare su Amazon KDP: Link per l’acquisto

– Time Frame: produttività e gestione del tempo: Link per l’acquisto

– La landing page perfetta per vendere libri: Link per l’acquisto

– Come progettare e vendere servizi online: Link per l’acquisto

Per altre informazioni o contatti: Sito web di Giovanni Ronci

Nel 2019 ci eravamo posti un quesito: quale è l’età media dei nostri coworkers?
Il sondaggio aveva dato il sorprendete risultato di 45 anni. Magari era un caso dovuto alla tipologia di società che avevamo all’interno, o forse dal semplice periodo storico.
Questa settimana, visti i tanti nuovi ingressi a SpazioTu nel corso degli ultimi due anni, abbiamo deciso di ripetere l’esperimento.
L’età media non è più di 45 anni… è salita a 47!
Inoltre, analizzando le “categorie” dei lavoratori, viene fuori che la maggioranza è rappresentata dai freelance.
Cosa significa questo dato?
Che la pandemia non ha invertito il trend, bensì ha aumentato il desiderio di mettersi in gioco anche se non si è più giovanissimi e questo, di conseguenza, dimostra che l’età è solo un numero.

La pandemia non ha azzerato gli spazi di lavoro in condivisione, anzi: nuove tipologie avanzano come alternativa all’headquarter classico e allo smart working

All’inizio del 2020 il co-working era sicuramente una formula in crescita nel mondo dei nuovi spazi per uffici in zone metropolitane, perché univa la possibilità di interazione tra attività complementari e la convenienza economica di un service hub completo a disposizione. Una soluzione che allettava professionisti, startup, studi creativi e dell’IT, aziende di servizi innovative.

Poi è arrivata la pandemia e ci siamo chiesti: ma tutte le iniziative co (co-working, co-housing, co-education) che hanno alla base il concetto di sharing, di attività da fare e da pensare insieme, di prodotti e servizi da condividere, che fine faranno con il distanziamento fisico?  

C’è stato sicuramente un momento difficile di riorganizzazione degli spazi e dei nuovi servizi di sanificazione, tanto più essenziali in un luogo dove alla base è prevista la rotazione delle persone. Eppure, passata la prima ondata della pandemia, si sono create nuove opportunità che non erano ancora state ipotizzate: grandi società di servizi hanno realizzato quali sono sia i costi economici dei grandi headquarters centralizzati sia quelli sociali del pendolarismo di centinaia o migliaia di dipendenti. E dopo un iniziale entusiasmo per i risparmi generati dall’home working, è stato chiaro per tutti che non sempre il lavoro da casa full time è la soluzione migliore. 

Durante lo smart working che abbiamo vissuto in primavera, ci siamo resi conto dei benefici della non-mobilità,  ma ci siamo anche accorti che spesso ci mancavano la socialità fisica del luogo di lavoro e alcune facilities: dalla sedia ergonomica alla sala riunioni, dalla connessione efficiente a una buona concentrazione. Perché ci mancava la separazione tra tempo di lavoro e tempo privato che erano diventati tutt’uno.

Le soluzioni in coworking hanno quindi ora ripreso forza non solo nelle grandi città, ma anche nei grossi centri di provincia che possono fare da aggregatori sia per realtà d’impresa locali sia per aziende internazionali attive in quel territorio. Sono soluzioni che piacciono alle aziende (pago quando serve) e anche ai dipendenti, che usufruiscono dei plus del luogo di lavoro (servizi e contatti) senza avere gli svantaggi di una mobilità quotidiana spesso impegnativa.

È uno scenario ancora in fase di elaborazione, l’ambito delle soluzioni ibride si sta allargando anche a altri settori come quello dell’ospitalità. All’interno di alcune catene di hotel iniziano a trovare posto spazi simili ai coworking che non sono più solo le grandi sale meeting, ma piccoli uffici attrezzati anche per videocall o piccole riunioni e che risolvono le esigenze di una clientela che riprenderà a viaggiare ancora per lavoro. Più efficienti delle hall degli alberghi o delle mediamente scomode postazioni nelle camere d’albergo. 

 

Fonte: http://www.cieloterradesign.com/coworking-pandemia-design/

In questo momento, oseremmo dire, storico e così particolare da sembrare ancora incredibile agli occhi di chi lo sta vivendo, abbiamo tutti, purtroppo, dovuto prendere atto della difficoltà economica che ha colpito la maggior parte delle aziende italiane.
Vista quindi la delicata situazione abbiamo deciso di sospendere il canone di affitto a tutti i nostri “coworkers” (chiamiamo così gli imprenditori all’interno della nostra community) a partire dall’ordinanza di lockdown del 23 marzo 2020 fino allo sblocco della quarantena.
Un’azione che sicuramente ci è costata a livello imprenditoriale ma che vuole essere un segno di vicinanza nei confronti della community senza la quale non esisteremmo.
Qualche settimana fa, per questo motivo, il Corriere di Romagna ci ha intervistati dedicandoci un articolo nella sezione di Rimini.

Insieme siamo più forti, #youllneverworkalone

In Giappone la settima lavorativa di appena 4 giorni fa impennare le vendite. In Italia ci sono 570mila smart worker che scelgono orario e luogo più adatti

 

La settimana corta alla giapponese ha fatto scuola. Nel paese del sol levante il colosso Microsoft ha fatto una piccola rivoluzione dove il culto del lavoro è proverbiale: settimana lavorativa di 4 giorni, dal lunedì e al giovedì e il risultato è eclatante con la produttività aumentata del 40%.
Come sede dell’esperimento, nell’ambito del progetto “Work-Life Choice Challange”, per promuovere un più sano equilibrio tra lavoro e vita privata, è stata scelta la sua sede di Tokyo, dove lo scorso agosto, i suoi 2.300 dipendenti hanno usufruito di tre giorni di riposo alla settimana. Ebbene, la produttività, misurata in termini di vendite per dipendente, è aumentata del 39,9% rispetto allo stesso mese del 2018.

Nell’ambito dello stesso progetto, Microsoft intende anche finanziare vacanze di famiglia per i dipendenti. «Lavora per un breve periodo di tempo, riposa bene e impara molto – sottolinea l’amministratore delegato di Microsoft Giappone, Takuya Hirano – Voglio che i dipendenti pensino e sperimentino come sia possibile ottenere gli stessi risultati con il 20% di tempo lavorativo in meno».

 

Chi lavora più ore in Europa? La classifica animata dal 1995 a oggi

L’esperimento ha rilevato benefici non solo in termini di produttività e felicità dei dipendenti: le assenze, durante la settima di 4 giorni, sono diminuite del 25% e il consumo di elettricità in ufficio è calato del 23%. È stato stampato il 59% in meno di carta e il 92% dei lavoratori ha detto di gradire la settimana corta.

E in Italia? I lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro crescono e sono arrivati a quota 570mila in crescita del 20% rispetto al 2018 secondo l’osservatorio smart working del Politecnico di Milano

Un esercito di “smart worker” con un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale: il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti; uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità, contro il 21% dei colleghi.

 Nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di smart working è del 58%, in lieve crescita rispetto al 56% del 2018. A queste percentuali vanno aggiunte un 7% di imprese che ha già attivato iniziative informali e un 5% che prevede di farlo nei prossimi dodici mesi. Del restante 30%, il 22% dichiara probabile l’introduzione futura e soltanto l’8% non sa se lo introdurrà o non manifesta alcun interesse. A fronte di questa crescita modesta, c’è da registrare un aumento di maturità delle iniziative, che abbandonano lo stato di sperimentazione e vengono estese ad un maggior numero di lavoratori: circa metà dei progetti analizzati è già a regime e la popolazione aziendale media coinvolta passa dal 32% al 48%.

 È tra le pubbliche amministrazioni che si registra la crescita più significativa: in un anno nel settore pubblico raddoppiano i progetti strutturati di Smart Working (passando dall’8% al 16%), dove il 7% ha attivato iniziative informali (l’1% del 2018), il 6% le avvierà nei prossimi dodici mesi. Le più avanzate sono le PA di grandi dimensioni, che nel 42% dei casi hanno già introdotto iniziative strutturate e nel 7% hanno attivato iniziative informali. Secondo le organizzazioni, i principali benefici riscontrati sono il miglioramento dell’equilibrio fra vita professionale e privata (46%) e la crescita della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti (35%). Ma la gestione degli smart worker presenta secondo i manager anche alcune criticità, in particolare le difficoltà nel gestire le urgenze (per il 34% dei responsabili), nell’utilizzare le tecnologie (32%) e nel pianificare le attività (26%), anche se il 46% dei manager dichiara di non aver riscontrato alcuna criticità. Se si interrogano gli smart worker, invece, la prima difficoltà a emergere è la percezione di isolamento (35%), poi le distrazioni esterne (21%), i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%) e la barriera tecnologica (11%).

 «Non è solo una moda, è un cambiamento che risponde alle esigenze delle persone, delle organizzazioni e della società nel suo complesso, e come tale è un fenomeno inarrestabile. La dinamica con cui sta crescendo nel nostro Paese tuttavia, non è abbastanza veloce – afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’osservatorio smart working del Politecnico di Milano-. Per le pubbliche amministrazioni in particolare è necessario un rapido cambio di passo soprattutto per non perdere l’opportunità di migliorare la motivazione delle proprie persone e per attrarre nuovi talenti, soprattutto in relazione alla necessità di sostituire circa il 15% del personale nei prossimi 3-4 anni».

La sperimentazione a Mantova

Più tempo a disposizione per la famiglia, meno inquinamento nell’aria (sino a 42 tonnellate di anidride carbonica) e risparmio di denaro per lavoratori e aziende. È il risultato della sperimentazione di smart working condotta dal comitato imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Mantova in collaborazione con Ats, Regione e Comune di Mantova. Una sperimentazione durata tre anni coinvolgendo 21 imprese di varie dimensioni e 250 persone, risulta che per ogni giorno di lavoro fuori dall’ufficio nel triennio, ciascun dipendente ha guadagnato mediamente 56 minuti di tempo, pari a quasi 45 ore di tempo vita in un anno.

E tutto questo tempo risparmiato è stato reinvestito per il 69% nella famiglia, nel tempo libero e nello sport, per il restante 31% nel lavoro. Grazie ai chilometri non percorsi (più di 304mila km) anche l’aria di Mantova e del suo hinterland è stata meno inquinata. Sono state, infatti, evitate emissioni pari a 42 tonnellate di anidride carbonica per il cui assorbimento sarebbe stata necessaria l’attività di 2.792 alberi. Sotto il profilo economico questo si traduce in un risparmio complessivo, per tutti gli smart workers coinvolti nei tre anni, di 780mila euro, pari a una media di 22 euro al giorno risparmiato (tra spese di trasporto, servizi scuola, baby sitting altro). E anche il beneficio economico per le  aziende è stato stimato in 513 euro all’anno risparmiati per ogni smart worker coinvolto, ottenuto grazie al tempo  re-investito e alla maggiore concentrazione che porta a una  maggiore produttività.

FONTE: La Stampa (https://www.lastampa.it/cronaca/2020/02/13/news/diminuendo-le-ore-in-ufficio-cresce-la-produttivita-cos-e-lo-smart-working-e-perche-le-aziende-iniziano-ad-adottarlo-1.38464517 )